Lo stress è “uno stato di preoccupazione o tensione mentale causato da una situazione difficile” che si attiva nel momento in cui agenti interni o esterni vengono percepiti dal nostro organismo come una potenziale minaccia.
Il burnout è uno stato di stress cronicizzato con molte implicazioni.
Nel dettaglio l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce il burnout una sindrome concettualizzata come conseguenza di stress sul posto di lavoro non gestito con successo.
Si tratta di una sindrome caratterizzata essenzialmente da tre dimensioni:
• Sensazione di esaurimento delle energie
• Distacco dal lavoro
• Riduzione dell’efficienza lavorativa
Si sviluppa quindi all’interno di contesti lavorativi. Ciò significa che il termine non dovrebbe essere utilizzato per la descrizione di esperienze che riguardano altri ambiti di vita, anche se spesso i sintomi sono comuni anche ad altre forme di stress. L’OMS ha definito le linee guida per la diagnosi ma non ha definito alcuna direttiva per quanto riguarda la cura. Nell’ambito della diagnosi l’esperto deve quindi escludere la possibilità che i sintomi si riferiscano ad altre problematiche come ad esempio la depressione e l’ansia nonostante possano essere presenti anche come conseguenza dei processi che si sono generati. Dopo aver compreso cos’è il burnout cerchiamo di analizzarne le fasi, ovvero i processi attraverso i quali si manifesta ed evolve il disturbo.
Dal punto di vista dello sviluppo della sindrome sono state individuate 4 fasi:
1. Entusiasmo idealistico
2. Stagnazione
3. Frustrazione
4. Disimpegno
Analizziamole una per una nel dettaglio per capire in cosa consistono e come si sviluppano. La fase numero uno viene definita “fase dell’entusiasmo idealistico” o anche “fase preparatoria”. Il lavoratore, spinto da una forte motivazione (ad es. aiutare gli altri, rendersi utile o in generale emergere e avere successo), impiega molte energie nello svolgimento delle proprie mansioni. Aspettative irrealistiche e di “onnipotenza” diventano il motivo per il quale si arriva a sacrificare tutto ciò che esula dalla sfera lavorativa, per cui famiglia, amici, bisogni ed esigenze personali e interessi extra-lavorativi, interrompendo il contatto con se stesso e con il flusso di nutrimento che è alla base di una sana crescita. La fase numero due viene definita “fase di stagnazione”. Si tratta del momento in cui scatta l’insoddisfazione e ci si accorge che il lavoro non si allinea più ai propri bisogni e alle proprie ambizioni. Pur continuando a lavorare vengono generati una serie di insuccessi professionali che portano ad un inevitabile senso di delusione. Lo squilibrio interiore inizia a manifestarsi anche se non se ne ha cognizione. La fase numero tre è identificata nella “fase di frustrazione”, che è considerata quella in cui praticamente si aggrava la sindrome. Il livello di autostima si abbassa drasticamente per cui il lavoratore inizia a sentirsi inutile e inadeguato; inizia a percepire una condizione di sfruttamento. Ne consegue uno scarso apprezzamento da parte degli altri, sia dei propri superiori che degli utenti/clienti. In questa fase possono verificarsi atteggiamenti di aggressività sia verso sé stesso e sia verso gli altri. La tendenza comune è quella di allontanarsi dal contesto lavorativo (pause lunghissime, assenze per malattia, fughe ecc.). Iniziano qui a presentarsi manifestazioni psichesomatiche, campanello d’allarme che segnala la necessità di prendersi cura e portare attenzione a ciò che accade prima di andare alla deriva. La quarta fase viene definita “fase del disimpegno emozionale”. Si tratta del momento in cui emerge una profonda apatia, ovvero una vera e propria disaffezione dalla professione. Il lavoratore perde interesse nei confronti del proprio lavoro, diventando indifferente, intollerante, insofferente e particolarmente cinico. Il burnout non è una malattia, bensì una condizione che contribuisce allo sviluppo di vari disturbi con particolare tendenza a:
• somatizzazione (comparsa di sintomi fisici come espressione di malessere psicologico)
• disturbi del comportamento
• abuso di alcol, psicofarmaci e fumo.
La sindrome non insorge improvvisamente, è invece caratterizzata da un decorso subdolo e difficile da identificare, colpendo tre dimensioni:
• Energia. L’esaurimento è la prima reazione allo stress cronico quando la persona, avendo oltrepassato il suo limite massimo di gestione della tensione, si sente prosciugata e incapace di recuperare le energie.
• Coinvolgimento. La persona mette in atto dei comportamenti nel tentativo di proteggersi dall’esaurimento:
o distacco,
o freddezza,
o disimpegno,
o cinismo,
o abbandono dei valori,
o malevolenza nei confronti del proprio lavoro.
• Efficacia. Col tempo si sviluppano sentimenti negativi verso il lavoro che viene visto come opprimente.
Si manifestano parallelamente:
o perdita di fiducia nelle proprie capacità,
o inefficienza,
o inadeguatezza,
o insoddisfazione.
In base alle dimensioni maggiormente interessate si avrà una costellazione di sintomi diversi che purtroppo spesso danno inizio a un circolo vizioso, responsabile della caduta in una spirale che può concludersi con la perdita del lavoro.
I sintomi essendo tanti, li abbiamo riportati in questa lista:
• Stanchezza e spossatezza: nel burnout l’affaticamento è cronico, spesso non motivato e le persone riportano una sensazione di sfinimento vero e proprio.
• Stanchezza mentale: sintomi come stanchezza psicologica e svogliatezza sono la traduzione di espressioni tipiche delle persone in burnout, come: “non ho voglia di fare niente, solo dormire” o “non ho più voglia di lavorare”.
• Stress: è più di un sintomo, perché è sia causa che conseguenza, ma anche manifestazione del burnout. Può essere riconoscibile quando si presenta come nausea da stress o tachicardia da stress.
• Insonnia e disturbi del sonno: dormire male è un sintomo frequente, e spesso conduce all’abuso di farmaci e sostanze.
• Cefalea o emicrania: compare spesso in persone che non ne hanno mai sofferto prima. • Difficoltà di concentrazione: può essere conseguenza dell’insonnia, legata alla stanchezza e al mal di testa, ma può anche comparire come sintomo primario.
• Raffreddore e influenza: se frequenti e fuori stagione possono dipendere dallo stress.
• Turbe gastroenteriche come nausea da stress o inappetenza: possono causare forti dimagrimenti e carenze alimentari.
• Ansia e depressione: sono le patologie più frequentemente associate al burnout. Stanchezza e tachicardia si presentano spesso assieme come preamboli dell’ansia sul lavoro, mentre stanchezza e depressione dell’umore sono spesso avvisaglie di una depressione maggiore.
• Angoscia: è una sensazione di sottofondo che le persone riportano durante le ore di lavoro, ma anche prima e dopo di esse. Chi è in burnout arriva a pensare ogni giorno: “non riesco a lavorare per l’ansia”. • Diffidenza e cinismo: sono tra le prime sensazioni “nuove” che si affacciano alla coscienza quando ci si trova all’interno del contesto lavorativo.
• Depersonalizzazione: sintomi che afferiscono al senso di vuoto alla testa, al distacco dalla realtà, insorgono quando si perde il senso della vita e la sensazione di non essere più sé stessi diventa depersonalizzazione.
• Esaurimento nervoso, fisico ed emotivo: spesso le persone riportano questo sintomo per primo e iniziano parlando della loro insoddisfazione costante o di una depressione cronica legata al lavoro. L’esaurimento è quella sensazione di impotenza, quando pensi di non farcela più e di non avere alcuna soluzione.
• Distacco emotivo: strettamente collegato al precedente, innesca un calo di motivazione.
• Rabbia: in questo caso si presenta in maniera scollegata da fatti particolari, è un astio generalizzato.
• Irritabilità e litigiosità: proprio come la rabbia e l’angoscia, la persona è molto suscettibile, permalosa e con i nervi a fior di pelle.
• Abuso di alcol, fumo o sostanze: è un sintomo secondario, ovvero un comportamento che compare in seguito e a causa di altri sintomi spiacevoli come il disagio psichico, la tensione emotiva, e la paura del lavoro.
Se rientri in questa situazione psicofisiologica e hai necessità di supporto per cercare una via di uscita e ritornare ad essere sereno: posso esserti di aiuto!
Dott. Roberto Fabbroni
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